Il pensionato

di Gianna Lepri

” Corri Debbie, vieni a vedere il pellicano a spasso con il suo ganzo!” Era una scena irresistibile che le inquiline del condominio non si volevano proprio perdere. Ruth era una ragazzotta piuttosto bruttina, con un grosso collo simile ad un gozzo appoggiato su un ampio petto carenato che la facevano assomigliare al pennuto. Ma lei, a differenza delle altre, si era gia’ trovata il fidanzato da un bel pezzetto e loro invece dovevano accontentarsi di andare a ballare da sole al dancing e sperare che qualcuno le invitasse, e questo suscitava una certa invidia e non risparmiava delle cattiverie. Vivevano tutte a pigione nel condominio della Signirina Collins, che aveva la doppia mansione di padrona di casa e di sorvegliante, dandosi un gran daffare per mantenere una certa armonia fra le ragazze. Tenerne a freno otto non era certo un compito facile. Erano giovani donne, che arrivavano per lo piu’ dalla campagna in citta’ in cerca di lavoro. C’era chi lavorava come dattilografa nell’ufficio di contabilita’ Lorenz, un paio come operaie nella grande industria di automobili, chi come barista giu’ al drugstore, un altro paio era impiegato come sarte nella fabbrica di confezioni, c’era un’aiuto parrucchiera con l’intenzione di mettersi in proprio in futuro. Laurie, la piu’ carina, si era impiegata come indossatrice in un elegante negozio in citta’, la piu’ probabile a lasciare il condominio per un alloggio piu’ idoneo alla sua attività’ , magari piu’ vicino al centro. Erano tutti lavori modesti, umili, che permetteva loro si’ e no di mantenersi. Ma, data la loro giovane eta’, erano tutte piu’ o meno sulla ventina, il loro stato non le impensieriva piu’ di tanto, anzi, restava loro il tempo per scherzi, scaramucce, alleanze ora contro l’una , ora contro l’altra, per ritrovarsi pero’ alleate in caso qualcuna di loro fosse in difficolta’ . Come quando quella volta Catherine di punto in bianco fu mandata via dal suo datore di lavoro, ufficialmente perche’ non piu’ necessaria, ma in realta’ perche’ lei non aveva ceduto alle sue pressanti richieste fuori orario. Le ragazze fecero quadrato, addirittura con l’appoggio della Signorina Collins, e si fecero carico dell’amica, facendo fronte alle sue spese, e sparpagliandosi per la citta’, finche’ non le trovarono un nuovo lavoro come magliaia in un laboratorio. In casa Collins le regole erano precise. Per prima cosa pagare la pigione puntuali alla scadenza, poi in ordine venivano tutte le altre. Lavarsi, meglio senza scialacquare troppa acqua prima di presentarsi per la cena all’ora stabilita. La Signorina Collins non sopportava il ritardo. Fumare rigorosamente nel patio e mai nelle stanze, la terrorizzava la sola idea di un cerino acceso in salotto. Eventuali accompagnatori andavano velocemente salutati sulla porta di casa, non vedeva la necessita’ di farli entrare dentro. Biancheria, pulizia delle stanze, talvolta la preparazione di qualche pasto erano tutti a carico delle ragazze. Una vita piuttosto dura per loro, un po’ meno per la Signorina Collins, a parte la preoccupazione che alle ragazze non accadesse qualcosa di veramente serio. Una sera chiacchieravano in salotto burlandosi di Gina che da un po’ di tempo veniva corteggiata da uni spilungone perdigiorno, tutti cosi’ le toccavano, in attesa che ci fossero tutte per andare a cena. C’era sempre un po’ di trambusto a quell’ora, dopo una giornata faticosa, con i racconti del giorno, la fame spesso disattesa, visto i menu’ scarni della Signorina, i progetti che gia’ si preannunciavano per la domenica, misto a un po’ di apprensione per l’eventuale ritardo di qualcuna delle commensali, per non indispettire la padrona di casa. Via via arrivavano le ragazze, fresche di risciacquo, chiacchierone, affamate, e si avvicinavano al salotto, tutte intorno alla Signorina Collins che, come una chioccia, radunava i suoi pulcini, contandoli inconsapevolmente. Nastri, golfini, sottogonne, spille, sandali, tutto contribuiva alla confusione della serata. Tutte si controllavano, si squadravano, apprezzavano spensierate le loro tenute. Sembrava ci fossero tutte, visto il rumore che si sentiva, ma la Signorina Collins avvertiva una certa tensione: non vedeva Ruth. Attese impaziente, temporeggiando con le ragazze, all’inizio facendo finta di niente, poi senza piu’ controllare il suo disappunto, esplose nel bel mezzo della serata con delle esca ndescenze esagerate che ammutolirono le ragazze. Effettivamente, Ruth non c’era. Non era mai successo. Le ragazze cercarono di rabbonire la Signorina Collins, ma non sapevano neppure loro che cosa pensare. Di cenare non se ne parlava nemmeno. Bisognava trovare Ruth. All’inizio erano paralizzate, non sapevano proprio da che parte cominciare. Poi, un po’ alla volta, l’iniziativa prese il sopravvento. Telefonarono al suo posto di lavoro, poi al drugstore. Gina fu mandata dalla signora Drew per vedere se era la’, telefonarono al distributore per chiedere se l’avessero vista, passarono dai suoi amici Fleming, per fugare ogni dubbio. Ci sarebbero stati altri mille posti dove cercarla, ma dove poteva essere finita? Andavano e venivano dal condominio sotto una pioggia battente ora, e la disperazione cresceva a dismisura. Si ritrovarono grondanti, ansimanti sotto il patio, sbigottite, domandandosi cosa fare.
Poi, all’improvviso, qualcuna capto’ un urlo mezzo soffocato giungere da dietro alla rimessa. Corsero tutte insieme verso quel punto, non tanto lontano dal condominio. Gina indicava un punto nel terreno. Si intravedeva un fagotto che a fatica si vedeva, rantolando, chiedendo aiuto, annaspando col fango nella bocca, nel tentativo di rialzarsi da terra. Le ragazze le furono subito intorno, la circondarono, cercarono con difficolta’ di alzarla, la coprivano con i loro impermeabili, cercando di proteggerla dalla pioggia. Era Ruth. Anche se si faceva fatica a riconoscerla. Le labbra spaccate grondavano sangue, l’occhio semichiuso, gia’ tumefatto, sporgeva dall’arcata, i capelli impiastricciati di sangue erano appiccicati alla faccia, il sangue colava dal naso, che appariva spostato dal suo setto. Le ragazze attonite, dopo un primo momento di spavento, si animarono, cominciarono a darle i primi soccorsi. Fra tutte riuscirono a caricarsela sulle spalle, chi tenendo un braccio, chi una gamba. Nonostante i suoi forti lamenti, raggiunsero la casa. Riunirono le loro conoscenze di pronto soccorso, e un po’ alla meglio la rassettarono. Le disinfettarono le ferite, le ripulirono i capelli incrostati di sangue, le lavarono la faccia e un po’ alla volta apparve il viso irriconoscibile di Ruth. Nessuna di loro aveva il coraggio di parlare, quasi se la sentissero come erano andati i fatti. E infatti era andata proprio cosi’. Ruth si era accorta che non le venivano piu’ le sue cose, cosi’ di nascosto era andata dal dottor Morgan per fugare ogni dubbio. Era incinta. Di due mesi. E ora come faceva con Dylan? Come dirglielo? Quella sera lo aveva convinto di trovarsi giu’ da Macy’s al bowling. Con calma e risolutezza lo avrebbe affrontato, lo avrebbe convinto che la cosa migliore era tenerlo, che non potevano sprecare un’occasione del genere, che sembrava fosse capitata apposta per consolidare il loro amore. Non fece in tempo ad accennare alla cosa, che le arrivo’ subito un manrovescio sulla bocca, lasciandola del tutto sbigottita. Non l’aveva mai visto cosi’ nervoso, intrattabile. Adesso non assomigliava più’ al suo Dylan. L’afferro’ per la camicetta e la spinse a forza fuori dal locale, trascinandola lontano dal caos. Continuarono a discutere, lei ormai sempre piu’ flebilmente, lui sempre piu’ minaccioso e all’ ultima debole insistenza di lei, lui si senti’ montare il sangue alla testa e comincio’ a picchiarla di brutto, perdendo completamente il senno. L’avrebbe finita se un gruppo di ragazzi, richiamati dalle urla, non fosse intervenuto a bloccarlo. Lei dopo un po’ aveva arrancato trascinandosi fino a casa, ma si era accasciata perdendo i sensi, proprio li’ accanto.
Ruth piangeva disperata circondata dalle ragazze e dalla Signorina Collins, che a situazioni come quelle purtroppo non era nuova. Con il suo mestiere ne aveva gia’ viste tante. Passarono alcuni giorni, fintanto che Ruth non assunse un aspetto passabile. Di li’ a poco prese la decisione. Sarebbe tornata al paese, perche’ di rimanere in citta’ con il bambino, da sola, senza un marito, non se ne parlava neppure. Il pullman quella domenica mattina era circondato da un gruppetto di ragazze che, piangendo, abbracciavano e salutavano affettuosamente la loro compagna piu’ sfortunata.
Rattristate, amareggiate per aver perso in quel modo un’amica, anche se ogni tanto era stata il bersaglio dei loro lazzi, si riavviarono sconsolate verso casa, ognuna verso la propria camera. Ne rimaneva vuota solo una, ma ancora per poco. Di sicuro, di li’ a un po’, sarebbe arrivata ad occuparla una nuova giovane donna dalla campagna, in cerca di un nuovo lavoro.

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