Prometeo

Il combinato disposto di due articoli Dentro il metodo McEwan di Stefano Scalich su “Domenica” e Il nuotatore di Kafka non sapeva nuotare di Emanuele Trevi su “la Lettura” suggerisce alcune riflessioni sulla scrittura e sul suo stato di salute nell’incipiente stagione dei premi letterari.  Il “metodo McEwan” rassicura gli aspiranti scrittori della non indispensabilità di avere un metodo per scrivere. Lo scrittore inglese ritiene infatti che la scrittura sia “un processo di costruzione dal basso che non si sviluppa seguendo temi predeterminati” infatti il suo modus scribendi è rigorosamente non lineare; sul tavolo da lavoro di McEwan non ci sono né schemi né scalette. L’acclamato autore di Il giardino di cemento e Lettera a Berlino in un passo di Espiazione afferma che una storia “è un procedimento magico” oltre a dichiarare di apprezzare l’esitazione e le pause in fase creativa: non tanto perché tradiscano indecisione, semmai in quanto permettono alle cose di abbellirsi.E poi confessa che quando vede i suoi amici scrittori e chiacchiera di letteratura non parlano di tecnica, parlano delle cose che li appassionano. L’articolo di Trevi in recensione alla raccolta di saggi Il fuoco e il racconto di Giorgio Agamben esordisce tacciando d’infamia la degradazione che ha trasformato l’arte, la letteratura, la religione, la stessa filosofia in “spettacoli culturali” privi di ogni “efficacia storica”. E quel termine infamia lo preleva proprio da un saggio di Agamben: “Ma allora vorrei dare un consiglio agli editori e a coloro che si occupano di libri: smettetela di guardare alle infami, sì, infami classifiche dei libri più venduti e – si presume – più letti e provate a costruire invece nella vostra mente una classifica dei libri che esigono di essere letti. Solo un’editoria fondata su questa classifica mentale potrebbe far uscire il libro dalla crisi che – a quanto sento dire e ripetere – sta attraversando”. Scrive Trevi: “Viviamo in un’epoca in cui non si chiede nient’altro all’artista che di dar forma agli effimeri spettacoli del successo, della moda, del romanzo ben fatto.  E nelle scuole di scrittura si impartiscono gli stolidi precetti dello storytelling con il loro sistematico obliterare le imprevedibili esigenze del singolo in nome di un “efficacia” che nei migliore dei casi potrà avere solo delle conseguenze commerciali. Per sua natura, infatti, il mercato non può essere altro che una macchina fondata sull’impersonale. A dispetto dell’apparente varietà delle loro trame e dei loro personaggi, in effetti è innegabile la sensazione che tutti i libri di successo si assomiglino profondamente. Considerato come artigiano del plot questo tipo oggi dominante di scrittore deve procedere ricorrendo sempre di più all’elemento impersonale della creazione”.

Noi confidiamo nell’apparizione di un novello Scrittore/Prometeo che sappia ritrovare il “fuoco” che il “racconto” ha perduto.

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